Tuesday 21 December 2010

Memoria della Shoah (di Cristina)

“A volte basta un attimo per scordare una vita, ma a volte non basta una vita per scordare un attimo.” - Jim Morrison

“Cos'è un ricordo? Qualcosa che hai o qualcosa che hai perso per sempre?” ricordare la Shoah sembra essere diventata quasi una stupida tradizione che da circa mezzo secolo continua. Ma sappiamo realmente perché ricordiamo questo orribile “annientamento”? Manifestazioni, assemblee, congressi vengono sempre organizzati nelle scuole ricordando tutto ciò che è avvenuto a quelle migliaia di persone ebree che furono decimate per la  “difesa della razza”. Tutto ebbe inizio nel 10 luglio 1921  in una Germania uscita dalla Seconda guerra mondiale distrutta e annientata non solo economicamente ma anche moralmente. Proprio in questa terra e in quel periodo Adolf Hitler, un anonimo ed oscuro reduce di guerra di origini austriache,  veniva eletto capo indiscusso di una piccola formazione di destra, dal nome "partito nazional-socialista dei lavoratori tedeschi". Sarà proprio lui che negli anni successivi organizzerà ciò che verrà ricordato come “Olocausto”(termine improprio) o “Shoah”. Ma di questo ne parleremo dopo. Perché ricordare allora? E’ qualcosa che è avvenuto più di mezzo secolo fa e allora per quale ragione continuano a insistere su questo grave evento sponsorizzandolo quasi fosse un evento commerciale?
 "Ricordare, ricordare è come un po' morire tu adesso lo sai perché tutto ritorna anche se non vuoi."
Credo che la risposta si possa ritrovare in queste brevi frasi.
Ha ragione Giuseppe Tornatore a definire il ricordare "come un po’ il morire". Forse è per questo che molti di noi si impongono di dimenticare qualcosa che li ha profondamente feriti o lasciati insoddisfatti. Si fa presto a definire la Shoah un semplice "genocidio" o una cruentissima violenza verso una razza in particolare, quella ebraica, è facile definire Hitler un uomo diabolico e malvagio ma è altrettanto facile ricordare davvero ciò che è accaduto? Siamo davvero in grado noi, dopo tutti questi anni, di ricordare e tramandare ciò che avvenne? Capire cosa veramente significò essere rinchiusi in dei campi di concentramento e sterminio, essere strappati dalla propria famiglia, essere cacciati via dalla propria città, essere derisi ,maltrattati e infine uccisi?
E' ovvio che essendo un evento accaduto nel passato non potremo mai ripercorrerlo nella sua vera essenza. Ma i ricordi sono il nostro modo di tener in vita il passato. E ciò che ci rimane per poter meglio affrontare questo drammatico evento non sono altro che i ricordi.. E' proprio per questa ragione che abbiamo pensato di partecipare a questo concorso sperando di poter, un giorno, vedere con i nostri stessi occhi i luoghi e la disperazione di ciò che gli ebrei furono costretti a vedere con i loro.
 Tutti abbiamo il diritto e il dovere di ricordare. Ricordare per non negare; ricordare perché la storia insegna; ricordare perché uomini, donne e bambini senza colpa sono stati torturati e portati alla morte. Infatti da tanti anni nel nostro Paese si celebra il 27 gennaio come "giornata della memoria" in onore di tutti i gli ebrei deceduti ma anche di tutti i prigionieri che hanno avuto la fortuna di rimanere vivi. Era proprio il 27 gennaio 1945 quando le truppe sovietiche abbatterono i cancelli di Auschwitz e liberarono i pochi sopravvissuti. Gli studiosi hanno preferito denominare questo sterminio con il termine "Shoah" che appunto in ebraico significa “annientamento” e indica perfettamente i crimini commessi contro una parte dell’umanità: la comunità ebraica. Ma avrete di certo sentito anche il termine "Olocausto" che molti non sanno essere improprio. "Olocausto" infatti significa "sacrificio volontario" e di certo definire la Shoah un olocausto è una vera e propria blasfemia. Il termine più adatto sarebbe "genocidio" in quanto dobbiamo pur sempre ricordare che la foga nazista e fascista non si sfogò solo su gli ebrei ma anche sugli zingari, sugli handicappati, gli omosessuali, i Testimoni di Geova, i malati di mente e gli oppositori politici. Praticamente su tutti coloro che secondo Hitler avrebbero "inquinato" la razza
pura.


Nei giornali di allora è facile riscontrare articoli riguardanti atti vandalici, truffe, omicidi che avevano sempre come protagonisti gli ebrei; oggi, sappiamo che in realtà la maggior parte di queste vicende non erano del tutto vere ma a quei tempi i nazisti non facevano altro che convincere indirettamente e subdolamente i cittadini che gli ebrei dovevano essere allontanati dalla società in quanto "causa di tragedie".  Il 10 novembre 1938 giornali italiani come La Stampa o Il Corriere della Sera, ma soprattutto giornali stranieri, riportavano in prima pagina l'uccisione di Von Rath, segretario dell’ambasciata tedesca a Parigi, per mano di un ebreo. Il giovane ebreo per vendicare la deportazione della sua famiglia e vistosi ripetutamente negato il rinnovo del passaporto, andò all’ambasciata tedesca di Parigi chiedendo di incontrare un segretario al quale doveva recapitare dei documenti importanti. Fatto entrare nella stanza il giovane fece partire cinque colpi di pistola al terzo consigliere, von Rath, ferendolo gravemente. Il corriere della Sera riportava: "Mentre alcuni uscieri coricavano il ferito sul divano altri si impadronivano dell'assassino, che aveva gettato a terra la sua arma, una rivoltella di 6.36, cinque proiettili erano stati esplosi: due avevano colpito Von Rath alla spalla destra e alla regione addominale. Il consigliere ,che è ha 29 anni, è stato trasportato d'urgenza in una clinica del quartiere dove il suo stato è stato giudicato tuttora assai grave". Noi però sappiamo che dopo qualche ora, circa intorno alle ore 21, Hitler ricevette una telefonata che lo mise al corrente dei fatti: Von Rath era morto. E ancora una volta il caso giocò un ruolo determinante nella successione degli avvenimenti. Tutto ciò che avvenne quel giorno a Parigi infatti non fece altro che favorire il piano di Hitler. La notte tra il 9 e il 10 novembre 1938 si consumava in Germania uno dei più odiosi e ignobili attentati contro la comunità ebraica tedesca , passato alla storia e ricordato come la “notte dei cristalli”. Migliaia di vetrine di negozi ebrei infrante a colpi di mazze e bastoni; sessanta sinagoghe incendiate; trentamila ebrei tirati giù dai propri letti nel cuore della notte, strangolati, violentati e uccisi, i reduci invece vennero  arrestati per essere inviati a morire a Dachau e a Buchenwald; le piazze delle città si trasformarono in enormi focolari, dove furono bruciati migliaia di libri non graditi ai nazisti. E fu così che si avverò la profezia del poeta tedesco, ebreo di nascita, Heinrich Heine, che quasi un secolo prima aveva ammonito: “Ricordatevi che prima si bruciano i libri e poi si bruciano gli uomini”.Successivamente all’ omicidio commesso a Parigi, la commissione presieduta da Goering “per l’espiazione e la rivalsa del delitto di Parigi” emise tre ordinanze: la prima ordinava agli ebrei tedeschi di pagare un miliardo di marchi; la seconda li costringeva a occuparsi di riparare a proprie spese le case e i negozi devastati in seguito agli atti di distruzione dei giorni precedenti e una terza ordinanza che escludeva gli ebrei da ogni forma di commercio e artigianato. Posti nella condizione di non poter lavorare e quindi sostenere la propria famiglia,gli ebrei erano condannati a una morte civica.
Quindi non solo il danno ma anche la beffa!

 E in Italia? Alcuni giornali fascisti affermavano che gli ebrei avevano intenzione di conquistare il mondo intero.
La fase di incubazione del razzismo fascista si va chiarendo, attraverso documentari che ancora oggi si vanno scoprendo  negli archivi, in un mosaico sempre più inquietante, che ci permette di scoprire la genesi dell’antiebraismo. Le sanzioni legislative del 1938 furono infatti precedute da un propaganda ideologica che colpiva, dapprima, moralmente gli ebrei . La tempestiva introduzione dei provvedimenti legislativi conferma una diffusione forzata più per imitazione della Germania Hitleriana che per vera convinzione. Questo è dimostrato da una serie di documenti consultabili oggi presso l’Archivio centrale dello Stato, provenienti dal Ministero per la Stampa e Propaganda.
Uno tra i documenti più emblematici riguarda il quotidiano diretto da Roberto Farinacci, “Regime Fascista”; egli infatti era molto legato a Mussolini e fu proprio lui che lo aiutò a diventare una figura importante nella storia dell’Italia fascista. Fu fedelissimo all'alleato tedesco, tanto da poter essere definito "il più nazista dei quotidiani in lingua italiana". In un periodo dominato dalle più grandi incertezze e dalla mancanza di precisi punti di riferimento, "Il Regime Fascista" si affermò come espressione del fascismo più "puro" e intransigente, che trovava nelle origini del movimento fascista, la spinta ideale della lotta nel presente.
Ma in quel periodo erano tanti coloro che affiancavano apertamente il partito di Mussolini,
proprio Oscar Sinigaglia, volontario della Prima Guerra Mondiale
, lavorò nel ministero delle armi e munizioni prima di passare nel 1923 alla Società Finanziaria per l’industria e il commercio; società che raggruppava le partecipazioni del Banco di Roma, e quando il Governo salvò il Banco, Mussolini gli affidò la presidenza della società. Sinigaglia dichiarò che avrebbe sempre e per sempre appoggiato il regime Fascista. Fu colui che creò con Giurati nel 1920 la Lega Italiana per la tutela degli interessi nazionali ma fu soprattutto colui che diede vita al primo nucleo del Fascio di Combattimento. Non dobbiamo dimenticare infatti che già nel 1920 la Monarchia subiva il Fascismo, cercava di moderarlo e il Re poteva contare sempre sulla lealtà delle Forze Armate, della Burocrazia Statale, della Magistratura, della Diplomazia ma non bastò. Ugualmente Mussolini nel 1922 ebbe, come Capo del Governo, 306 voti di fiducia dal Parlamento; solo 112 i contrari ed i deputati fascisti erano solo 35. I Partiti democratici dell'epoca, popolari e liberali, votarono la fiducia a Mussolini.
Molti sostengono infatti che le radici del  fascismo sia possibile riconoscerle in un periodo precedente alla seconda metà del 1936;  ufficialmente il fascismo infatti nacque il 23 marzo 1919 a Milano. Quel giorno a Piazza San Sepolcro nella sede in quel tempo del Circolo per gli Interessi Industriali, Commerciali e Agricoli della provincia di Milano ovvero all'interno di Palazzo Castagni, si radunò un piccolo gruppo di circa 120 ex combattenti, interventisti, arditi e intellettuali, che fondarono i Fasci italiani di combattimento insieme a uomini di potere quali Oscar Sinigaglia e Giurati.
Il loro scopo era uno solo: prendere il potere.
Infatti non avevano una ideologia precisa, ma, come la definisce Norberto Bobbio, una ideologia della negazione, sono anti-progressivi, anti-democratici, anti-razionalisti, contro l'uguaglianza ed esaltano le virtù eroiche e la violenza. E proprio questa mancanza di connotazioni specifiche creava la confusione e l'ambiguità politica che relegarono i Fascisti a ben pochi seggi al parlamento incapaci di tramutare il loro movimento in una realtà amministrativa.
Tra queste figure , in questo contesto, non possiamo fare a meno di citare Giuseppe Bottai, “pochissime figure hanno nella più che ventennale vicenda del fascismo un ruolo e una importanza pari a quelli che egli ebbe. E nessuna, a parte ovviamente Mussolini, ne ebbe di più. E ciò non solo per la sua lunghissima, praticamente continua, permanenza in altissime cariche di governo e pubbliche, ma perchè quasi nessuno degli uomini del vertice fascista espresse così intrinsecamente e genuinamente la sostanza del vero fascismo e operò con altrettanta consapevolezza, capacità e coerenza per trasfonderla nel regime e nella società." Questo è ciò che scrive Renzo De Felice nel volume "Mussolini il duce-Lo Stato totalitario" riguardo Giuseppe Bottai. Un giudizio che deve far riflettere, considerando i vari ruoli ricoperti da Bottai. Egli è forse stato uno dei più "veri" fascisti. Fu infatti, tra gli uomini del vertice fascista, colui che si adoperò con maggior impegno e precisione al fine di dare una prospettiva concreta al fascismo. Era uomo di cultura, dotato di spirito critico e di notevole intelligenza e sensibilità politica. C'è chi ha voluto vedere in Bottai, una specie di fascista critico e "liberale"; e chi invece ha giudicato le sue azioni interne al fascismo che non erano assolutamente tese a dargli una prospettiva più moderata, ma semmai più totalitaria. La rivista "Critica fascista", nata nel 1923 e da lui diretta fu tra le maggiori pubblicazioni quella che più si spinse a prendere in esame i problemi socio-economici, culturali, dei giovani e della scuola, attirando a sè le simpatie di non pochi giovani intellettuali che venivano in questo modo direttamente coinvolti nella realtà del fascismo. E' da tenere conto la data di pubblicazione della rivista: il 1923. Il fascismo è al potere da appena un anno e alcuni dubitano della consistenza del fascismo stesso, pensando che si tratti solo di un movimento, il cui successo è destinato ad esaurirsi velocemente. E' lo stesso Mussolini che, all'epoca, sente l'esigenza di "durare" e dare una prospettiva seria al fascismo. "Critica fascista" nasce proprio per questa esigenza: dare solidità al fascismo cercando di instaurare rapporti con il mondo intellettuale piccolo-medio borghese. Mentre Farinacci ed altri fascisti con i loro giornali alimentano l'intransigentismo, riviste come quella di Bottai, pur partendo dal presupposto che il fascismo sia l'unica idea nuova e veramente rivoluzionaria, si sforzano di interpretare la realtà italiana in maniera spesso lucida.
In breve, possiamo dire che dal punto di vista culturale, "Critica fascista" fu certamente la rivista che contribuì maggiormente a legare a sè molti giovani intellettuali, dando perciò non solo una prospettiva futura al fascismo, ma anche una vitalità ed un entusiasmo che si esauriranno solo con la tragica realtà della Seconda Guerra mondiale.
Bottai nel 1944 a regime oramai caduto scrisse : "noi fummo tratti a fidare soprattutto in noi; il che vuol dire sulla nostra volontà, che ci fece ritenere illimitata la nostra potenza creatrice, più che sulla nostra coscienza che ce ne avrebbe mostrati i limiti....e, sdegnosi di quella formula dei padri, secondo la quale la politica è l'arte del possibile, operammo come se la politica fosse l'arte dell'impossibile, del meraviglioso, del miracoloso. Da ciò la tragica sproporzione tra i disegni accarezzati o mandati ad effetto, e le reali possibilità, che ci ha portato a questo collasso spaventoso." Questo testimonia appunto che ciò che fecero i fascisti fu una diretta conseguenza delle idee troppo “fantastiche” di cui la società di allora si vantava, quasi potessero riuscire a conquistare il mondo con “l’arte dell’impossibile”.
Un'altra figura fondamentale nella storia della diffusione del fascismo è Giovanni Preziosi.
Egli  è stato , per oltre trent'anni, il più coerente e deciso studioso della questione giudaica nel nostro paese. AI suo lavoro di storico e ricercatore `inviso alle moltitudini' si devono i principali testi di milizia e di combattimento editi durante il Ventennio Fascista. II mensile "La Vita Italiana" ha rappresentato la voce , troppo spesso inascoltata o sottovalutata dai vertici del Fascismo, imperiosa della Latinità e della Romanità che lanciava il grido d'allarme contro il pericolo ebraico nel nostro paese, mettendo in guardia l'Italia Fascista , e lo stesso Mussolini, contro i suoi più temibili avversari: i Giudei. Per trent'anni Preziosi ha scritto - praticamente in solitudine - di Giudaismo e di Giudei rilevando lucidamente le connessioni internazionali con il Bolscevismo e la Plutocrazia, con l'Alta Finanza Giudaica e l'Internazionale Comunista; tutti strumenti dell'Internazionale Ebraica.
Però Maurizio Lattanzi afferma che “ln linea di principio Preziosi non può essere definito antisemita, in quanto il termine `semita' designa anche la razza araba, contro la cui identità religiosa e culturale egli non ha mai espresso giudizi di valore negativi. Né è possibile definire Preziosi semplicemente un antisionista, poiché le posizioni politiche antisioniste `inquadrano' solo parzialmente l'obbiettivo ebraico. II sionismo è infatti la `cristallizzazione' politico-organizzativa che delinea i profili istituzionali dell'ebraismo internazionale." Quindi da sempre fu ben chiaro il progetto di Preziosi. Allontanare completamente la razza ebraica dalla razza italiana.
Eppure i primi articoli violenti come esortazione all’odio razzista nei confronti degli ebrei vennero considerati positivamente negli ambienti ministeriali poiché, capivano bene, che tutto questo stava preparando il terreno all’emanazione di misure discriminatorie. Certo non mancarono i dubbi, causati dall’atteggiamento assunto da Farinacci sulla distinzione degli ebrei in due campi, a seconda del comportamento assunto da ciascuno di essi verso il regime; questa quindi era una vera e propria contraddizione nei confronti del razzismo. Gli articoli di “Regime Fascista” suscitarono reazioni preoccupate anche fuori d’Italia;  le informazioni raccolte dall’Ufficio politico della Milizia testimoniano che “gli ebrei americani” si allarmarono e per ritorsione penalizzarono gli immigrati italiani.







In generale però si pensa che l’antisemitismo di Mussolini si dichiarò in modo netto solo a partire dalla seconda metà del 1936. Nonostante le chiassose manifestazioni antisemite di alcuni gruppi estremi del fascismo, fino a quell'anno la stessa possibilità che in Italia si determinasse un problema ebraico appariva agli occhi di tutti non solo remota, ma addirittura assurda, anche in considerazione della legge sulle Comunità israelitiche approvata nel 1931, che garantiva una sostanziale libertà di culto.
Comparve il 15 luglio 1938 come articolo anonimo nella prima pagina del giornale “Manifesto della Razza” il titolo: «Il Fascismo e i problemi della razza». In poche parole secondo questo quotidiano la razza italiana era pura e non doveva essere contaminata da ebrei, che erano 39.000 di cittadinanza italiana, a cui andavano ad aggiungersi 11.200 stranieri.
Il Vaticano non si oppose apertamente a questa iniziativa fascista ma era preoccupato per la situazione di ebrei convertiti al cattolicesimo.
Da questo momento in poi iniziò la diffamazione antisemitista per convincere gli italiani che gli ebrei erano un popolo straniero da disprezzare. Fu proibito a loro andare a scuola, partecipare alla vita politica e lo stesso Mussolini elaborò lo slogan "Discriminare e non perseguitare”. . L'applicazione delle leggi e la diffusa propaganda anti-ebraica di quel periodo causarono comunque una crescente perdita di diritti da parte dei cittadini italiani di origine e/o religione ebraica e crearono condizioni che facilitarono poi le azioni ben più repressive messe in atto alcuni anni dopo dai nazi-fascisti.
L’inizio delle persecuzioni determinò un allontanamento dall’Italia di migliaia di ebrei per lo più appartenenti al mondo universitario, scolastico e in generale appartenenti al mondo del lavoro pubblico, causato da una serie di episodi violenti nelle città italiane più importanti.
Da dove deriva questo odio verso questo popolo? Fin dalle epoche più antiche gli Ebrei sono stati sempre vittime di persecuzioni e di genocidi sia nella loro terra che nei territori dove fuggivano. Intorno al IV sec. a.C. gli ebrei vagavano in cerca di una terra nel Medio Oriente ma la loro storia è raccontata nella Bibbia nel Vecchio Testamento: non furono tollerati poiché erano monoteisti e contrastavano la religione greca degli dei dell’Olimpo, tuttavia, i Romani riservarono loro un buon trattamento. Ma con l’avvento del Cristianesimo la loro situazione cambiò: infatti, gli ebrei erano accusati di aver ucciso Gesù sulla croce e dovevano essere puniti per questo. Non avrebbero mai trovato una terra disposta ad accoglierli. Nel Medioevo furono scacciati dagli Stati europei cristiani e furono costretti ad essere segregati in ghetti. Una grande cacciata degli ebrei fu fatta dai sovrani “re santi” spagnoli: Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona. Gli ebrei furono costretti a convertirsi al cattolicesimo o ad andarsene dalla Spagna. I numeri parlano chiaro: 80.000 di loro decisero di darsi alla fuga.

  

  

Analizzare la storia del fascismo, del nazismo, dell’antisemitismo, del nostro Paese sarebbe un’impresa alquanto ardua. Tutto ciò che precedette il fascismo non fece altro che aprire la strada a un regime tanto violento quanto persuasivo.
Non abbiamo un numero certo delle vittime provocate dalle violenze e dalle ingiustizie da parte del fascismo ma sappiamo che gli ebrei fatti uccidere nei campi di concentramento furono circa 6 milioni, dato rilasciato dall’ONU. Non a caso sulla sinagoga di Haupstrasse in Berlino c'era scritto: "Ascolta, Israele." Ora l'hanno cancellato e una nuova incisione è stata improntata. Semplice, esaustiva, "storica" e colma di ricordi. Molto semplice: "6 milioni". Nulla di più!
Ciò che è stato è stato e non possiamo fare nulla per cambiare il passato ma possiamo sempre evitare che ciò riaccada. Sembra assurdo, lo so, ma non è così.
Se pensiamo che ancora oggi esistono Paesi dove gli oppositori politici, le persone ritenute di rango inferiore, extracomunitari, bambini e donne vengono rinchiusi nei campi di concentramento che sono dei veri e propri campi di lavoro e di sfruttamento, se pensiamo che ancora oggi esistono Paesi in cui lo sfruttamento minorile e le violenze sulle donne sono all’ordine del giorno, se pensiamo che ancora oggi esistono piccoli gruppi politici che continuano a sostenere le idee di Mussolini e del nazismo perché dovremmo stupirci nel pensare che tutto ciò potrebbe riaccadere se solo noi non cercassimo di evitarlo?
Eppure c’è chi ha il coraggio di negare ciò che è stato.
Il negazionismo infatti nasce come un atteggiamento storico-politico che, utilizzando a fini ideologici-politici modalità di negazione di fenomeni storici accertati, nega contro ogni evidenza il fatto storico stesso. Nel caso della Shoah i negazionisti pensano che Hitler ha fatto quello che ha potuto, ma che la guerra totale contro gli ebrei deve ancora essere portata a termine
. Sembra inutile ribadire che ci sono state le camere a gas in Europa, che i forni crematori durante la Seconda Guerra Mondiale hanno industrialmente vaporizzato milioni di corpi, per volontà politica di Adolf Hitler e compagni, che c’è stato lo sterminio degli ebrei nel cuore dell’Europa.
 

Che la Shoah ha effettivamente avuto luogo. Che non si deve lasciar scivolare il mondo in uno stato psicotico in cui sia possibile insinuare il dubbio che l’annientamento di oltre sei milioni di ebrei abbia avuto luogo. Qualcuno ha giustamente osservato che la risposta a chi nega l’annientamento non può essere solo una risposta basata su cifre, dati, documenti, prove e testimonianze. Lo sterminio non è solo una questione di numeri, argomenti o di storia. Uno dei tratti che caratterizzano il negazionismo è quello di ritenere ogni testimonianza diretta di un ebreo una menzogna (Hitler definisce l’ebreo un “maestro nell’arte di mentire”) e dunque lo sterminio un’invenzione della propaganda sionista mondiale. I negazionisti odierni, i nazisti universitari, hanno prosperato nelle accademie di provincia, in quelle italiane non meno che in quelle tedesche e francesi, dove il nazismo è stato ed è definito una “follia” a chiacchiere, dove è mancato l’interesse e il bisogno di interrogarsi seriamente sul nazismo come fenomeno politico in trasformazione. Sentendo queste raccapriccianti idee non possiamo fare a meno di pensare che in Italia occorre una legge contro chi nega la Shoah. Dobbiamo combattere il peccato e la vergogna del negazionismo con la verità della Shoah perché lottare contro il negazionismo è un dovere etico di ogni persona. Dobbiamo fare in modo che il mondo intero non dimentichi mai ciò che milioni di persone innocenti hanno dovuto subire, dobbiamo fare in modo che la Shoah non venga ricordata solo come una conseguenza politica, la Shoah è stata una profonda ferita nella nostra storia e come tale deve essere ricordata. Siamo tutti responsabili. Siamo tutti protagonisti. Siamo tutti in dovere di ricordare e far ricordare.
Finché abbiamo dei ricordi, il passato dura. Finché abbiamo delle speranze, il futuro ci attende.

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